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Raspberry Pi: cos’è, a cosa serve e versioni disponibili

di Giuseppe Maggi

Raspberry Pi è una piattaforma rivoluzionaria che dal 2012 ha dischiuso nuove prospettive per maker di ogni livello e per chiunque voglia imparare a programmare senza grandi investimenti. Ha le tipiche caratteristiche ricercate da professionisti ed amatori: costa pochissimo, è completa, piccolissima e facile da configurare. Probabilmente ne avrai sentito parlare se non altro perché esistono libri e riviste dedicate, ha un marchio a forma di lampone molto riconoscibile e sempre più spesso capita di sentire qualcuno che dice “quell’impiantino che mi serviva l’ho fatto da solo.. ci ho messo un Raspberry dentro..”. No, non si tratta di un genio, è solo qualcuno che ha imparato a sfruttare adeguatamente un dispositivo ben concepito e molto duttile. Indipendentemente da cosa ti interessi dell’Informatica e dell’Elettronica, Raspberry Pi può fare al caso tuo: vediamo come.

Com’è fatto Raspberry Pi?

Al di là dei tecnicismi, Raspberry Pi può essere considerato un “computer in miniatura”, un intero ecosistema hardware raccolto in un’unica board. Nasce in Inghilterra per favorire la diffusione della programmazione e della cultura informatica ma il suo incredibile successo ne ha svelato miriadi di altri utilizzi. Considerando la motivazione primaria, appare assolutamente adeguato il motto che campeggia sulla homepage del progetto: “Our mission is to put the power of computing and digital making into the hands of people all over the world” (“La nostra missione consiste nel mettere il potere della programmazione e della creazione digitale nelle mani di persone di ogni parte del mondo”). Questa frase è una sintesi perfetta per raccontare uno strumento che ha favorito il fiorire della creatività nel mondo senza limitazioni politiche, sociali o economiche: strada poi percorsa da BBC micro:bit, altro prodotto inglese.

Per assolvere completamente una missione così impegnativa è necessario che il sistema sia il più completo possibile. La figura che segue è il modo in cui la documentazione ufficiale rappresenta uno schema di massima della piattaforma.

Raspberry Pi

Ciò che colpisce subito è l’alto livello di connettività. Si vedono cavi Ethernet, HDMI, microUSB, audio ed appare anche una scheda SD che svolge il ruolo di hard disk. Il lato lungo in alto è quasi totalmente occupato da una lunga base nera dotata di dentini: è il GPIO e completa il quadro della connettività offrendo la possibilità di collegamento a molteplici dispositivi elettrici. Per trattare l’hardware in maggiore dettaglio è necessario però orientarsi nel gran numero di versioni che si sono succedute negli anni.

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Le versioni di Raspberry Pi

Il progetto si è evoluto in fretta negli anni dimostrando grande dinamicità e voglia di adattamento ad ogni contesto e necessità dei suoi utenti.

Ogni anno ha visto la comparsa di almeno una nuova versione e, al di là dei singoli dettagli, possiamo accomunarne gli aspetti fondamentali così:

  • Ogni versione è contraddistinta da un numero, accompagnato da un modello identificato da una lettera maiuscola (A o B) e in alcuni casi dal simbolo +. Versioni esistenti di Raspberry Pi sono, ad esempio, la 2 model B o la 3 model A+, la Pi 4 model B, tutti gli altri riferimenti seguono questo formato;
  • Trattandosi di un computer, necessariamente ogni versione contempla un SoC (System-on-a-chip), una CPU la cui velocità non è mai stata inferiore ai 700 Mhz, memoria RAM dal mezzo Gigabyte in su nonché almeno una porta USB;
  • Ciò che distingue una versione dall’altra è l’adozione o meno della connettività di rete (Ethernet o WiFi) e del Bluetooth;
  • Tutte hanno GPIO a 40 PIN tranne i primi due modelli di Raspberry Pi (1 model A e 1 model B) che l’avevano a 26;
  • Infine le dimensioni della board sono sempre state ridotte. Possiamo individuare tre principali fattori di forma: Standard, quello nativo, di 85,60 X 56,5 mm; Compact di 65 X 56,5 mm e Zero di 65 X 30 mm.

Ad oggi, le famiglie di Raspberry Pi sono cinque, da Raspberry Pi Zero a Raspberry Pi 4 e questa è una panoramica dettagliata in ordine cronologico:

  • Raspberry Pi 1 (dal 2012 al 2014), la versione capostipite. E’ stata pubblicata in 4 edizioni (A, A+ e B, B+). Tutte erano accomunate da 700 Mhz di velocità e 512 MB di memoria RAM e nessuna era dotata di rete Wireless e Bluetooth. Le configurazioni A e A+ hanno una sola porta USB e non erano dotate di Ethernet mentre la B+ è arrivata ad avere quattro porte USB e Ethernet 100Base-T. Tutte sono state equipaggiate di SoC BCM2835. Il modello A e B sono le uniche Raspberry Pi non più in produzione mentre il modello A+ è stato il primo a introdurre il fattore di forma Compact;
  • Raspberry 2 model B, versione nata nel 2015, è caratterizzata da SoC BCM2836/7, 900 Mhz di velocità ed 1 Gigabyte di memoria RAM. Per quanto riguarda la connettività, consolida i livelli raggiunti da Raspberry Pi model B+ con 4 prese USB, Ethernet 100Base-T senza ancora ottenere Wireless e Bluetooth. Il fattore di forma è Standard;
  • Raspberry Zero è stata forse una delle versioni più innovative. E’ la più piccola di tutte dotata del fattore di forma Zero ma caratterizzata in ogni sua tipologia da 1000Mhz di velocità e 512 MB di RAM nonché SoC BCM2835. E’ stata distribuita in due versioni. La prima, la Zero, nata nel 2015 ha una porta USB, nessun collegamento Wireless, Ethernet o Bluetooth. Può essere considerata un modo economico e poco invasivo di avere tutta l’intelligenza di questa piattaforma in poco spazio seppur rinunciando alla connettività. La seconda generazione, apparsa nel 2017, Raspberry Pi Zero W/WH ha aggiunto wireless di tipo N (802.11n) e Bluetooth 4.1, senza avere Ethernet, aspetto comprensibile date le sue dimensioni ridotte;
  • Raspberry Pi 3 (prima comparsa nel 2016, aggiornamento nel 2018) è probabilmente la versione che nella sua evoluzione ha fatto segnare gli incrementi hardware più interessanti. Nel 2016 è nata Raspberry 3 model B: 1200 Mhz di velocità e 1 GB di RAM, 4 porte USB, Ethernet 100Base-T, wireless 802.11n e Bluetooth 4.1. Cronologicamente, è stata la prima versione assolutamente completa da ogni punto di vista. Nel 2018 si è voluto espandere la serie con due modelli: uno Compact ma con qualche ristrettezza hardware, la versione 3 model A+ ed uno più evoluto 3 model B+, anch’esso Standard. Entrambe hanno introdotto importanti innovazioni (1400 Mhz di CPU, wireless non solo di tipo N ma anche AC, Bluetooth alla versione 4.2) ma mentre il tipo A+ era più piccolo (fattore di forma Compact, niente Ethernet e RAM ancora a mezzo Gigabyte), sul modello B+ è stato dato il meglio montando anche Ethernet, portato a 1000Base-T, 1 Gigabyte di RAM e 4 porte USB;
  • Raspberry Pi 4 model B (anno 2019) ha espanso ulteriormente le risorse della piattaforma portando 1500 Mhz di velocità di CPU, 2 porte USB2 e 2 USB3, Ethernet 1000Base-T, wireless 802.11ac/n e Bluetooth 5.0. Esiste in tre allestimenti, tutti con chipset BCM2711 e fattore di forma Standard, ma differenziati dalla quantità di RAM: 1 GB il primo, 2 GB il secondo e, per finire, 4 GB il terzo.
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Iniziare ad usare Raspberry Pi

Per iniziare ad utilizzare Raspberry Pi (se non ne hai ancora uno puoi acquistarlo cliccando qui) abbiamo bisogno di tutto ciò che applicheremmo ad un computer “tradizionale” ed in particolare due categorie di elementi: periferiche e sistema operativo.

Per quanto riguarda le periferiche, il minimo indispensabile consiste in:

  • Scheda SD;
  • Monitor e cavo HDMI;
  • Mouse e tastiera;
  • Alimentatore da 5V e 2A di corrente.

Tutto ciò è fondamentale per il primo approccio al sistema e la sua configurazione nonché un ordinario utilizzo in stile PC. Il discorso cambia in base al progetto in cui coinvolgiamo la piattaforma: a quel punto potrà essere necessario hardware diverso. Esistono una grande varietà di sensori e strumenti che vi possono essere collegati per interazioni multimediali, gestione dell’input e molto altro. A titolo di esempio, si pensi al monitor. Un comune monitor da PC è perfetto per l’utilizzo generico di Raspberry Pi ma esistono su questo punto alternative quali display di poche righe solo per mostrare rapidi messaggi o touchscreen di almeno 7 pollici per la gestione stile tablet.

Per far funzionare bene insieme questo ricco hardware è necessario un sistema operativo che faccia da collante. Esistono distribuzioni Linux per lo più di famiglia Debian/Ubuntu già predisposte per essere installate sulla SD di Raspberry. Se ne può avere una panoramica sulla pagina Downloads del sito ufficiale del progetto (https://www.raspberrypi.org/downloads/).

Vengono messe in bella vista due soluzioni: Raspbian e NOOBS. Raspbian è il Linux “ufficiale” per Raspberry mentre NOOBS è un installer – consigliato soprattutto per i principianti – che offre un modo comodo per installare il proprio sistema operativo. NOOBS contiene due soluzioni già pronte, Raspbian e LibreElec, per l’installazione offline, ma propone anche ulteriori soluzioni da scaricare attraverso Internet. Se si preferisce un’alternativa più leggera esiste anche NOOBS Lite che procede in ogni caso all’installazione via Rete.

Tra le possibilità di approccio, può risultare comodo acquistare una scheda SD con NOOBS preinstallato all’interno.

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Programmare con Raspberry

Quando tutto è pronto, si può iniziare a lavorare. Ma come possiamo utilizzare Raspberry? In generale, servono strumenti che siano ottimizzati per questa piattaforma e che offrano anche librerie per l’interazione con i vari aspetti di comunicazione elettrici ed elettronici. Quest’ultimo aspetto è di assoluto rilievo anche perché nonostante sia un vero e proprio computer, Raspberry Pi svolge un ruolo da protagonista nell’integrazione in progetti elettronici e di IoT per conferire connettività ed intelligenza anche ad oggetti comuni. Le distribuzioni per Raspberry Pi offrono diversi linguaggi per la produzione di software: da Java a C/C++, passando per Scratch, fino a Python. La community di sviluppatori Python si è dimostrata molto interessata a questa board tanto da produrre e distribuire diverse librerie specifiche per l’interazione con il suo hardware. Questo fattore, unito alla duttilità e semplicità del linguaggio, ha reso Python una delle soluzioni più apprezzate e studiate per questo genere di programmazione.

Conclusioni

Curioso di provarlo? In effetti, Raspberry Pi è una di quelle cose che non può lasciare indifferenti. Attrae i maker ed i docenti, i curiosi ed i genitori in cerca di hobby intelligenti per i propri figli, ma in fin dei conti può lavorare ormai come un PC, occupando uno spazio minuscolo e costando praticamente niente.
Un altro modo insomma per sperimentare facilmente una nuova tecnologia richiesta nel mondo del lavoro. Solo qualche base di programmazione e si può iniziare. Non ne hai? Nessun problema, i nostri corsi esistono apposta.

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