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Android Studio

di Giuseppe Maggi

Se hai iniziato ad interessarti allo sviluppo di applicazioni Android non puoi non esserti imbattuto in Android Studio. Rappresenta lo strumento ufficiale, efficiente e gratuito che viene utilizzato per creare app native per Android. Devi sapere che la vita dello sviluppatore Android, prima del suo avvento, non era delle più facili. Si utilizzava Eclipse, un famoso programma open source, da sempre usato e tuttora usatissimo a livello professionale che grazie ad un plugin innestato al suo interno permetteva di creare app Android. Eclipse faceva il possibile, ma la soluzione definitiva la stava preparando Google con il suo Android Studio ed la sua comparsa ha segnato la nascita di una nuova era. Scopriamolo insieme.

Aspetti tecnici di Android Studio

Android Studio è un’applicazione classificata come IDE (Integrated Development Environment), vale a dire ambiente integrato per lo sviluppo. Pertanto più che di un programma singolo di tratta di una piattaforma, racchiusa dietro un’unica interfaccia, che include e integra tra loro tutti gli strumenti di cui un programmatore ha bisogno per creare applicazioni Android. Si consideri inoltre che Android Studio è lo strumento universale per la realizzazione di applicazioni per questo sistema operativo infatti permette di creare app per smartphone e tablet, per Wear OS dedicate ai dispositivi indossabili, per Android TV, Android Auto e Android Things dedicato a dispositivi in miniatura come Raspberry Pi. La struttura è basata su IntelliJ IDEA, uno dei migliori ambienti di programmazione creato dall’azienda praghese JetBrains. Ecco le sue caratteristiche principali:

  • Buona parte dell’interfaccia di Android Studio è dedicata alla scrittura del codice. Le app Android native sono da sempre state fatte in Java sebbene da pochi anni sia stato ufficialmente messo a disposizione anche Kotlin, linguaggio che ha velocemente conquistato i programmatori e che permette di scrivere codice per gli ambienti Java con una sintassi più veloce e sintetica;
  • Gradle è uno dei tool integrati in Android Studio ed è assolutamente fondamentale. Ogni volta che creeremo un progetto per una nuova app Android, per semplice che possa essere, conterrà dei file di configurazione per questo tool. Gradle si occuperà di trasformare il nostro codice e tutte le risorse che vi abbiamo incluso in un’app Android installabile su dispositivi e caricabile sui market ufficiali. La sua sintassi è particolare ma piuttosto leggibile. L’ossatura dei file sarà già predisposta appena creato il progetto pertanto raccomandiamo di imparare a modificarli senza distruggerne la struttura, pena la loro inutilizzabilità da parte di Android Studio;
  • Si dispone di un editor visuale molto intuitivo per la creazione di interfacce utente. Da sempre le interfacce grafiche delle app sono realizzate in XML, un formato testuale basato su una gerarchia di nodi di informazione. Chi avesse esperienza, anche minimale, di realizzazione di pagine web può considerare questo impiego di XML assolutamente analogo a quello di HTML nei siti Internet. Scrivere interfacce in XML è molto più semplice di quello che può sembrare ma disegnare trascinando elementi con drag-and-drop è sicuramente tutta un’altra cosa. Per questo oltre alla scrittura di interfacce con XML, Android Studio ha introdotto questo ottimo editor visuale, tutto da utilizzare a colpi di mouse;
  • Android Studio offre inoltre emulatori che visualizzano tablet e smartphone virtuali, configurati a nostro piacimento, in cui provare le applicazioni che realizziamo. Non sarà identico ad una sperimentazione su dispositivo reale ma la comodità degli emulatori è notevole: possiamo programmare solo con il PC senza bisogno di altro e testare l’applicazione anche su device che non possediamo. L’usabilità degli emulatori al giorno d’oggi è davvero eccellente, considerando che solo pochi anni fa costituivano una delle note più dolenti della vita dello sviluppatore;
  • Instant Run è la feature che ha reso da qualche anno più veloce lo sviluppo agevolando il caricamento delle modifiche apportate all’app. Tale pratica di continua modifica e prova risultava lenta anche all’interno dell’emulatore ma con Instant Run, nella maggior parte delle situazioni, la visualizzazione dell’interfaccia modificata è quasi immediata;
  • Android Studio inoltre, proprio per la sua discendenza da Google, ha un legame speciale con i servizi web offerti da questa azienda e stiamo parlando dei servizi in Cloud più diffusi al mondo: mappe, notifiche push, condivisione di dati tra app mediante la piattaforma Firebase e qualsiasi altro prodotto targato Google che possa venire in mente;
  • L’IDE dispone anche di molti template per applicazioni. Ogni volta che inizieremo un nuovo progetto ci verrà offerta la possibilità di impiantarlo su una struttura già pronta per le tipologie di app più comuni. Non solo in questo modo risparmieremo del tempo ma avremo un’architettura di base rispettosa di tutte le principali best practise;
  • Android Studio è uno strumento rivolto ai professionisti i quali molto spesso lavorano in team sia in loco sia da remoto. Per questo sono integrati in questa piattaforma tutti i più importanti sistemi di condivisione del codice e collaborazione on line.

Queste non sono che le caratteristiche più importanti, ma Android Studio non smette mai di stupire proprio per l’alto numero di funzionalità attivabili dai suoi menu. Spostiamoci ora su un altro protagonista assoluto dello sviluppo Android: il suo Software Development Kit.

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Android SDK: perché è così importante?

Diciamo subito che Android Studio non fa tutto da solo. Anzi la maggior parte del lavoro per la creazione di app Android viene realizzata da un altro ambiente, installato con Android Studio solitamente o comunque messo a sua disposizione che prende il nome di Android SDK: questo è veramente il luogo in cui risiedono tutti i tool in grado di trasformare il nostro programma in un pacchetto di installazione per tablet o smartphone. L’Android SDK contiene tutto il necessario per: attivare emulatori, compilare applicazioni, verificare errori, provare il codice su qualsiasi versione del sistema operativo e molto altro. Già da questa sua presentazione si capisce che questo SDK dovrebbe avere dimensioni gigantesche, difficili da contenere in un PC. Pertanto viene scaricato nel computer di lavoro praticamente vuoto e riempito con gli strumenti che in buona parte sceglierà lo sviluppatore a seconda delle applicazioni che vorrà realizzare. Tutto ciò sarà manovrato mediante un programma che prende il nome di SDK Manager accessibile dall’interfaccia di Android Studio.

Installazione di Android Studio

Android Studio è multipiattaforma pertanto si può scrivere app Android usando computer Windows, Linux o Mac. Raggiungendo l’homepage del progetto (https://developer.android.com/studio) vediamo campeggiare un pulsante nella parte alta con l’etichetta “Download Android Studio”.

Android Studio download

Quella sarà la proposta più vicina al nostro sistema operativo, almeno da quanto rilevato dal browser. Comunque si potrà procedere con le “Download Options” per visualizzare ogni possibile alternativa.
Oltre ad Android Studio completo il cui pacchetto di installazione consta circa di 1 GB, si può procedere allo scaricamento del solo Android SDK. I link relativi sono disponibili verso il fondo della pagina (https://developer.android.com/studio#downloads) nella sezione “Command line tools only”.

Android Studio command line tools

Un SDK scaricato in questo modo può essere integrato in un’installazione Android Studio esistente ma può anche essere usato normalmente da riga di comando per sperimentare le caratteristiche del sistema operativo nonchè lavorare in progetti di programmazione “ibrida”.

Si tenga presente che Android Studio è un programma potentissimo ma ciò costa in termini di risorse consumate. Per qualsiasi sistema operativo viene raccomandato di avere almeno 3 GB di RAM come minimo e possibilmente 8, di disporre di almeno 2 GB di spazio disco libero sebbene 4 siano quelli raccomandati e di avere uno schermo con risoluzione minima di 1280X800. Inoltre per il solo emulatore Android in esecuzione sarà richiesto un altro gigabyte di RAM. Queste sono caratteristiche piuttosto comuni se consideriamo computer personali e di lavoro, portatili inclusi, ma diventano più rare se ci rivolgiamo a PC di scuole e istituti di formazione: in questi casi, con macchine non troppo performanti, si potrà usare ugualmente Android Studio anche se leggermente a discapito della nostra user experience.

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Iniziamo a lavorare con Android Studio

Quando si avvia per la prima volta Android Studio si apre un’interfaccia di benvenuto intitolata “Welcome to Android Studio”.

Android Studio start

Selezionando “Start a new Android Studio Project” si procederà alla creazione guidata di un nuovo progetto. I passaggi sono pochi, verrà chiesto di: scegliere il tipo di applicazione (Smartphone/tablet, Wear OS e via dicendo), selezionare un eventuale template tra quelli proposti, indicare le principali caratteristiche del progetto (cartella, nome del package, linguaggio da utilizzare tra Java e Kotlin e poco altro).

Fatto ciò si apre il vero ambiente di lavoro di Android Studio con l’editor window al centro (dove scriveremo il codice), la toolbar in alto con tutti i comandi fondamentali (oltre a quelli offerti dal menu) e sulla sinistra la finestra Project in cui possiamo osservare la struttura del progetto. A proposito di quest’ultima si noti che Android Studio non la mostra da un punto di vista fisico elencando file e cartelle ma appare, di base, nella configurazione denominata “Android” dove gli elementi vengono divisi per ruolo funzionale. In Project avremo due grandi raggruppamenti: il modulo “app” contenente tutto il necessario per immettere codice, impostare risorse (tra cui l’interfaccia grafica delle app) e configurare l’applicazione con ciò che è incluso nella cartella manifests; i “Gradle scripts” in cui saranno raccolti tutti i file di configurazione di Gradle che elaborerà il nostro progetto ogni volta che vorremo provarlo. L’approccio che conviene avere, almeno finchè non si acquisterà la giusta padronanza, è quello di inserire nel modulo app il codice Java o Kotlin e di allestire l’interfaccia utente che ci serve mentre i file Gradle potranno essere lasciati così come sono a meno che non si voglia modificare qualche loro aspetto.

Da qui in poi si può iniziare a studiare e lavorare in Android, approfondendo di volta in volta l’argomento che ci interessa.

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Flutter e Android Studio

Apriamo ora una parentesi su una tematica che rappresenta uno degli scenari più attraenti per lo sviluppo mobile. Google ha lanciato e incrementato molto rapidamente un nuovo strumento per lo sviluppo mobile che prende il nome di Flutter. E’ un tool per la creazione di applicazioni mobile multipiattaforma che può essere integrato con dei plugin all’interno di Android Studio. L’espressione “app mobile multipiattaforma” si riferisce alla possibilità di scrivere una medesima code base (un solo programma, in sostanza) e pubblicarlo come app iOS o Android indifferentemente. Flutter non è la prima tecnologia che propone una soluzione simile ma appartiene all’ultima generazione di quelle che propongono prestazioni pari allo sviluppo nativo. In Flutter si programma con Dart, un linguaggio nato sempre in seno a Google, che offre un’alternativa moderna ed efficiente a Javascript. Dart si impara velocemente mettendo subito il programmatore in condizione di creare app mobile con Flutter o per il Web.

Per iniziare a programmare in Flutter sarà sufficiente: scaricare la sua piattaforma dal sito ufficiale anche questa utilizzabile su Windows, Linux o Mac ed installare in Android Studio i plugin per Dart e Flutter. I plugin possono essere installati accedendo alle Settings (dalla schermata di benvenuto o dal menu File a progetto aperto) e selezionando dall’elenco a sinistra la voce Plugin. Dopo tali operazioni alla sua apertura Android Studio mostrerà oltre a “Start a new Android Studio Project” anche “Start a new Flutter Project” e da lì si potrà iniziare a creare app mobile universali.

Conclusioni

Android Studio è un ambiente ricco e veloce che non costituisce l’unico modo per realizzare app Android, ma sicuramente rappresenta quello più efficiente. Per chiunque volesse diventare un programmatore di applicazioni per questo sistema operativo prenderne conoscenza è un passo obbligato ma è comunque un’esperienza che si vive senza troppe difficoltà. Inoltre l’ultima integrazione di Flutter dimostra come questo ambiente possa essere al passo con i tempi e sicuramente non finirà qua di stupirci.

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